In un’epoca saturata dalla “furia delle immagini”: L’arte nella società spettacolare dell’era digitale
In un’epoca saturata dalla “furia delle immagini”, in cui i principali pilastri ideologici sono i media, la comunicazione e l’intrattenimento, gli artisti si trovano a identificarsi e a muoversi all’interno di una società spettacolare. Attualmente, la rappresentazione è considerata un’immagine talmente sovraffollata da diventare capitale, rafforzando la teoria di Guy Debord, sociologo profetico degli anni ’60, che definiva lo spettacolo come “capitale accumulato a un punto tale da trasformarsi in immagine”.
Partendo da questa premessa, come possono l’artista e il suo pubblico interagire in un ambiente popolato da innumerevoli immagini riproducibili che viaggiano a una velocità sorprendente in tutto il mondo? Dove risiede il valore artistico di ciò che stiamo osservando? Come è cambiata la percezione dello spazio d’azione?
La definizione dello spazio artistico e la filosofia fenomenologica
Per iniziare, dobbiamo definire lo spazio in cui l’artista opera, il punto d’incontro tra il soggetto e il suo contesto, il luogo in cui avviene lo scambio e la creazione. Non si tratta semplicemente una dimensione fisica, ma un luogo in cui l’azione può essere intrapresa. La filosofia fenomenologica ha dedicato grande attenzione a questo tema fondamentale, a partire dai contributi significativi di Immanuel Kant ed Edmund Husserl, che hanno offerto una comprensione approfondita dei fondamenti dell’esperienza umana e della filosofia della conoscenza.
Kant, all’interno dell’estetica trascendentale della sua “Critica della ragione pura”, afferma che lo spazio e il tempo sono rispettivamente la forma dell’intuizione del senso esterno e la forma dell’intuizione del senso interno. Il tempo è la forma di ogni intuizione immediata (interna) e mediata (esterna), assumendo un ruolo predominante rispetto allo spazio. Husserl, d’altro canto, ha ripristinato l’importanza della ragione come accesso teoretico alla conoscenza attraverso la fenomenologia. Dopo la distruzione dei principi formali operata da Nietzsche, Husserl ha sviluppato un metodo che indaga direttamente la fenomenalità dell’esperienza soggettiva, concentrandosi sull’analisi delle strutture intenzionali della coscienza per rivelare la relazione tra soggetto e oggetto nella costituzione del significato.
L’evoluzione della percezione dello spazio e dell’azione artistica
Nel contesto artistico, la complessità della percezione dello spazio è stata esaminata dall’arte minimalista, che ha identificato gli attributi dello spazio-ambiente e dell’individuo in termini fisici e percettivi, rendendo esplicita la nozione di Marcel Duchamp. Duchamp è stato il principale esponente che ha sfidato la concezione classica dello spazio artistico, creando un luogo in cui l’uomo può destrutturarlo o strutturarlo, superando le rigide regole dell’arte. Attraverso i suoi ready-made, ha messo in atto una trasformazione, generando un contesto privo di discriminazioni basate su preconcetti “artistici”. Il patto tra oggetto e contesto può acquisire significato solo quando l’osservatore, oltrepassando lo stupore iniziale, impone il proprio paradigma di significati.
Ad esempio, opere come “Scolabottiglie” (1914) e “Orinatoio” (1917) consistono in oggetti privati della loro funzionalità originaria, senza alcuna modifica estetica, ma attraverso il cambio di contesto in cui sono inseriti, come una galleria d’arte invece del loro uso convenzionale. È grazie a Marcel Duchamp che oggi possiamo applicare questi cambiamenti di paradigma e avere una visione più ampia del panorama artistico, permettendo nuovi fermenti culturali senza l’imposizione di un mondo risolutivo, ma ricco di molteplici interpretazioni. Attraverso opere come “Il Grande Vetro“, si allarga lo spazio tra l’uomo e il mondo, stabilendo un rapporto più profondo attraverso la cultura.
Un altro passo importante è stato compiuto da Robert Morris, portando le relazioni al di fuori dell’opera stessa, rendendole funzioni dello spazio, della luce e del campo visivo dello spettatore. Secondo Morris, nessuna forma rimane costante poiché il cambiamento di posizione dello spettatore altera continuamente l’aspetto apparente dell’opera.
La vera sfida, tuttavia, è stata lanciata negli anni ’70 e ’80 attraverso il concetto in cui l’osservatore completa l’opera, permettendo al corpo di interagire direttamente attraverso la fotografia, la performance, l’arte video e le installazioni. James Turrell, ad esempio, ha focalizzato l’esperienza del pubblico, creando enormi campi di luce colorata in grado di generare un’esperienza sublime. Inizialmente, lo spettatore viene sopraffatto da una visione o un suono imponente, ma poi, comprendendo l’esperienza in modo intellettuale, prova un senso di potere.
Oggi, l’utilizzo dei sistemi digitali consente un’espressione creativa maggiore e un accesso facilitato alle opere d’arte. Lo studio approfondito del mezzo da parte degli artisti sta trasformando la modalità di comunicazione, percezione e fruizione delle opere d’arte. All’interno di questa società consumistica, il sistema NFT (Non-Fungible Token) cerca di dare ordine alle immagini, sottolineando il possesso e l’unicità dell’opera d’arte. Questo sistema rappresenta uno strumento utile, ma richiede un ulteriore sviluppo come mezzo per la conservazione a lungo termine, integrandosi con i sistemi blockchain artistici.
L’arte nell’era digitale e l’evoluzione degli spazi espositivi
Alla luce delle evoluzioni tecnologiche degli ultimi decenni, il mondo dell’arte si è trovato di fronte a una trasformazione senza precedenti. Il passaggio dal web 2.0 al web 3.0 ha aperto le porte a un’accessibilità e fruibilità senza precedenti dei contenuti artistici, che devono ora competere in un’arena globale per catturare l’attenzione di un pubblico sempre più esigente. In questo contesto, gli artisti si sono trasformati in veri e propri comunicatori, dotati di abilità imprenditoriali e capaci di creare prodotti che siano in grado di attirare l’attenzione sia sui social media che negli spazi virtuali.
Si può dire che lo spazio stesso si è trasformato. Non si tratta più solo di una dimensione fisica, ma di un luogo in cui l’azione può essere intrapresa. Come sosteneva il filosofo francese Merleau-Ponty, lo spazio fondamentale è relativo all’esperienza del fisico, all’interazione tra il nostro corpo e l’ambiente circostante. Oggi, tuttavia, possiamo estendere questa definizione includendo uno strato di spazio digitale. Il passaggio al web 3.0 ha modificato radicalmente le concezioni tradizionali di spazio e azione, aumentando l’interconnessione tra spazio, corpo e interazione uomo-macchina.
Siamo entrati nell’era del digitale, con lo sviluppo di nuove tecnologie e metodi operativi, come il metaverso e l’intelligenza artificiale. All’interno del metaverso, gli artisti possono creare esperienze espositive completamente diverse da quelle fisiche, permettendo agli spettatori di entrare nel cuore stesso dell’opera e non solo di osservarla da lontano per non parlare delle esperienze live, in cui gli utenti sono coinvolti a 360 gradi, trasportandoli all’interno del loro mondo.
Si parla sempre di più di realtà virtuale e aumentata, ma ciò che sta diventando particolarmente ricercato sono i cosiddetti “digital twin” o “gemelli digitali”. Ovvero delle repliche virtuali di entità del mondo reale all’interno del metaverso, e vanno oltre il concetto di simulazione digitale, essendo dei sistemi autonomi che esistono in parallelo al mondo reale in tempo reale. Gli utenti e gli artisti desiderano avere un proprio avatar, un alter ego digitale che può essere utilizzato nei giochi e nei mondi virtuali o di realtà mista. Nel contesto artistico, gli avatar diventano delle vere e proprie rappresentazioni degli utenti, e quelli dotati di intelligenza artificiale possono fungere da eccellenti comunicatori, facendo anche da guida per le mostre.
L’arte phygital: l’unione tra dimensione fisica e digitale
Ancora più interessanti sono le opere phygital, un termine che combina i concetti di “fisico” e “digitale”. Le opere phygital rappresentano l’unione tra la dimensione fisica e quella digitale, e sono in grado di associare l’opera NFT (token non fungibili) alla sua controparte fisica grazie all’uso di semplici tag NFC (Near Field Communication). Questi tag NFC sono minuscoli chip dotati di un codice univoco e una parte di memoria riscrivibile, che permettono una connettività wireless sicura per lo scambio di dati tra dispositivi. Molte aziende stanno cercando di sviluppare soluzioni rapide ed efficaci per collegare agevolmente le opere d’arte fisiche al mondo digitale, avvicinando così il pubblico a questo nuovo settore e rendendo più semplici i passaggi che attualmente presentano ancora limiti tecnologici. Le opere d’arte phygital possono essere integrate sia nel mondo fisico che nel metaverso, aumentando il valore e l’esperienza dei collezionisti. I tag NFC possono essere incorporati nell’opera fisica, fornendo accesso a un sito web o fornendo informazioni sull’artista e sull’opera d’arte stessa. Inoltre, possono offrire tour virtuali dell’opera NFT collegata all’opera fisica. Queste opere d’arte phygital possono essere integrate anche nel metaverso attraverso l’uso della realtà virtuale geolocalizzata di OVER THE REALITY, consentendo di posizionare l’opera in musei o mostre virtuali e fisiche in tutto il mondo, ampliando così il pubblico a livello globale.
La tecnologia NFT svolge un ruolo fondamentale nel fornire un ordine e una guida in un vasto panorama di contenuti artistici digitali che popolano il web, oltre a fungere da meccanismo di certificazione. Il suo potenziale duraturo potrebbe essere esplorato anche come medium artistico, attraverso l’analisi e l’implementazione dei sistemi blockchain all’interno dei prodotti artistici. Molti artisti stanno già intraprendendo questa strada, con opere d’arte generative e arte basata su blockchain. Secondo il filosofo tedesco Walter Benjamin, l’innovazione tecnico-scientifica crea il contesto in cui le forme artistiche possono acquisire pieno valore, a condizione che riescano a interiorizzare il loro significato storico-sociale rivoluzionario. In questa prospettiva, si delineano nuovi ruoli per l’autore e per il fruitore, con quest’ultimo che assume un ruolo sempre più centrale nell’esplorare e apprendere la tecnologia, diventando co-creatore dell’opera stessa. Questo rappresenta una sorta di riscoperta della tendenza storica dell’arte verso esperienze partecipative e interattive, che ha trovato espressione nella performance art, nelle installazioni e nella new media art.
Basta osservare le opere di Gonzalez-Torres e Olafur Eliasson per comprendere l’importanza dell’esperienza nell’arte contemporanea. Già dal Rinascimento, l’arte ha coinvolto la discorsività e la socialità, rendendo la collaborazione un aspetto positivo. L’arte ha uno scopo e un utilizzo che vanno al di là dell’opera stessa, che senza l’arte diventa un “feticcio tecnologico”. Inoltre, la riproducibilità infinita dell’immagine e dei multipli ha influenzato l’arte in modi in cui altre forme artistiche possono richiamarsi. Come affermava Benjamin, “a un certo punto, l’opera d’arte riprodotta diventa l’opera d’arte creata per essere riprodotta”. Ciò significa che l’opera d’arte, sottoposta alle leggi del mercato, perde sia l’unicità che lui definiva “aura”, sia la specificità del mezzo utilizzato.
Artisti contemporanei e l’utilizzo della blockchain come medium
Ma ad oggi è possibile già identificare degli artisti attuali più importanti che stanno sfruttando la blockchain come medium artistico, aprendo nuovi orizzonti creativi e ridefinendo i confini dell’arte contemporanea:
- Kevin Abosch: rinomato artista concettuale e fotografo che ha fatto dell’utilizzo della blockchain una parte centrale del suo lavoro. Il suo progetto più celebre, “I AM A COIN” (Sono una moneta), consiste nella creazione di token non fungibili (NFT) che rappresentano ritratti di persone. Ogni ritratto viene associato a un token unico sulla blockchain, conferendo un valore unico e immutabile all’opera d’arte.
- Ai Weiwei: artista cinese di fama internazionale, ha abbracciato la blockchain come un mezzo per esplorare temi di sorveglianza e libertà. Il suo progetto ( relizzato insieme a Kevin Abosch) “PRICELESS” (Inestimabile) ha creato un’opera d’arte digitale composta da 10.000 token unici, ognuno dei quali rappresenta una delle sue impronte digitali. Questo lavoro riflette sulla perdita di privacy nell’era digitale e sulla valutazione del valore dell’individuo in termini di dati.
- Trevor Jones: artista digitale che ha utilizzato pienamente il potenziale della blockchain come medium artistico. Le sue opere d’arte, spesso ispirate alla natura e all’ecosistema, sono state trasformate in NFT e vendute attraverso aste online, è noto per la sua opera “The Bitcoin Angel”, un’installazione digitale che cattura l’iconico logo di Bitcoin in un’immagine ispirata all’arte rinascimentale.
- Hackatao: sono un duo di artisti italiani composto da Andrea Lacarpia e Massimo Colonna. La loro arte digitale, caratterizzata da una combinazione di tecniche tradizionali e digitali, è stata trasformata in NFT e presentata su piattaforme blockchain. I loro lavori esplorano temi come l’identità, la dualità e la connessione tra l’uomo e la tecnologia.
- Refik Anadol: artista multidisciplinare noto per le sue installazioni immersive che combinano arte, intelligenza artificiale e blockchain. Le sue opere utilizzano algoritmi complessi per generare visualizzazioni digitali che vengono poi registrate sulla blockchain, creando così un’opera d’arte unica e verificabile, così da sfidare i confini tra arte e tecnologia, offrendo al pubblico esperienze immersive e coinvolgenti.
Nuovi spazi per l’arte
Anche il modo in cui le opere d’arte vengono esposte ha subito un profondo cambiamento. Oggi, per comunicare efficacemente, sono necessari dispositivi tecnologici all’avanguardia, come ledwall, schermi ad alta risoluzione e video proiettori capaci di creare esperienze immersive. Questo è un elemento cruciale dell’opera stessa, in quanto consente all’artista di incontrare il pubblico non solo attraverso i social media, ma anche all’interno del metaverso e di altri spazi digitali. È per questo motivo che sono nati spazi fisici dedicati a sostenere una nuova consapevolezza della tecnologia come risorsa per la creatività delle persone e il benessere dell’intera società.
Uno dei principali ambasciatori di questa concezione è il Centro Internazionale di Cultura Digitale fondato da Meet the Media Guru con il supporto della Fondazione Cariplo. Questo spazio fisico e virtuale si impegna nella produzione e diffusione di eventi, mostre, masterclass ed esperienze digitali, rivolti al territorio lombardo e nazionale. Al contempo, rappresenta il nodo italiano di una rete globale attiva in Europa e nel resto del mondo. Il MEET è un luogo straordinario che incarna l’innovazione derivante dalle molteplici espressioni tecnologiche in continua evoluzione, come la realtà virtuale, la robotica e l’intelligenza artificiale. Grazie alla sua mostra permanente intitolata “Le Radici del Nuovo”, il pubblico può scoprire e comprendere le origini e lo sviluppo della cultura digitale attraverso una collezione di oggetti iconici che hanno segnato l’evoluzione digitale della nostra società. Inoltre, sulle pareti della Scala Abitata, vengono proiettati materiali d’archivio provenienti da una raccolta di oltre 4.000 videocassette digitalizzate. Si dedica all’esplorazione e alla narrazione di persone, linguaggi, idee creative e progetti innovativi, offrendo un’ampia gamma di iniziative sia online che offline, come incontri, mostre, esperienze formative, performance ed esperienze che pongono l’individuo al centro del cambiamento tecnologico, con la convinzione che l’innovazione sia innanzitutto un fatto culturale. Inoltre, ospita una sala immersiva unica nel suo genere, dotata di proiettori che circondano completamente l’ambiente, consentendo ai visitatori di cambiare prospettiva e immergersi completamente nell’opera stessa.
Un’altra importante sala immersiva è quella di Art in Space, un nuovo paradigma dell’arte e delle sue espressioni, che combina tecnologia, gallerie, mercato e strumenti digitali. Il suo obiettivo è quello di aprire le porte all’arte dei sensi, consentendo agli artisti e al pubblico di entrare in un nuovo mondo di sensazioni quasi come in una realtà parallela. Art in Space ha sviluppato un percorso che mira ad ampliare l’arte e permettere agli artisti di condividere risorse, visioni e momenti. Attraverso un social network che esplora la serendipità e sostiene gli artisti nella promozione delle loro opere in tutto il mondo, promuovendo interazioni dedicate ed eventi di mediazione culturale con ambienti estesi, che coinvolgono arte, educazione, curatori e altro ancora. L’associazione internazionale di artisti e gallerie IMAA (Immersive Multisensory ART Association) è stata creata e gestita da Art in Space, difende una nuova forma di esperienza creativa, promuovendo la diffusione dell’arte immersiva multisensoriale attraverso luoghi di mercato ed esperienze artistiche, come showcase e mediazioni culturali.
L’arte sta vivendo una trasformazione radicale nel contesto del mondo digitale. Nuove tecnologie, come la realtà virtuale, la realtà aumentata e i gemelli digitali, stanno ridefinendo il concetto stesso di spazio e di interazione artistica. Gli artisti si stanno adattando a questi nuovi strumenti e metodi, aprendo nuove prospettive creative e coinvolgendo il pubblico in esperienze uniche e coinvolgenti. I centri culturali e le associazioni come il MEET e Art in Space stanno svolgendo un ruolo fondamentale nel sostenere questa evoluzione e promuovere la consapevolezza della tecnologia come risorsa creativa e strumento di benessere per la società nel suo complesso.