Il metaverso può essere approcciato in diversi modi.
Si può avere un approccio storico, andando a studiare l’ideazione o la nascita di mondi digitali, identificando l’esatta riga in cui Neal Stephenson nel 1992 lo ha nominato per la prima volta.
Si può provare con grande audacia a rappresentarlo in un film come ha fatto Spielberg in Ready Player One già nel 2018.
Il metaverso lo si può anche approcciare in maniera tecnica identificando i singoli elementi che devono essere presenti per definirlo tale, come nel caso delle 8 leggi della VRO (Volontà, Realtà e Opportunità).
Si può addirittura provare a farne proprio il nome.
Dal punto di vista di chi scrive tuttavia ogni tentativo di definizione, in realtà, risulta essere una limitazione che rischia di renderci ciechi alle potenzialità di questo nuovo paradigma tecnologico.
Dal WEB2 siamo abituati a pensare alle tecnologie come a compartimenti stagni, ben definiti, in cui persino il caricatore dei device è diverso per creare ecosistemi il più possibile chiusi.
Approcci al Metaverso: la sfida dell’interoperabilità
Il WEB3 parte dal presupposto opposto: tutto deve essere interoperabile perché gli asset digitali non sono di proprietà della piattaforma, ma dell’utente! Se la piattaforma non si rende interoperabile, gli utenti semplicemente non riusciranno o ancor peggio non potranno accedervi!
Si inizia a perdere il conto dei progetti di metaverso proprietari che sta fallendo, seguendo la stessa sorte che è toccata alle blockchain private che, nella gran parte dei casi, non avevano senso.
Ma senza la protezione di un ecosistema chiuso, le piattaforme tecnologiche non potranno più permettersi il lusso di offrire molteplici servizi che non siano tutti al top. Altrimenti anche in questo caso semplicemente gli utenti potranno usare i servizi di terzi. La retention del cliente sarà tutta da reinventare! Questo per le compagnie tecnologiche vuol dire che dovranno focalizzarsi su singole features specifiche, da ottimizzare al meglio, ed integrare in ecosistemi più grandi.
Come Metagate vediamo una grande opportunità di positioning strategico, consapevoli che tutte queste tecnologie avranno bisogno di una User Experience (UX) e che questa sarà necessariamente integrata. Questa UX in Metagate la chiamiamo Metaverso.
Non sappiamo quale tecnologia arriverà per prima all’adozione di massa. L’intelligenza artificiale sembra al momento sulla buona strada e sicuramente sta contribuendo ad aumentare la velocità di maturazione di tutti gli altri settori. Ci sono possibili shock all’orizzonte che tuttavia potrebbero accelerare l’adozione anche della blockchain (guerre, disuguaglianze, inflazione, etc..), come sono ormai da tempo in cantiere vari visori AR/VR che potrebbero sorprenderci..
Ultimamente è sempre più insistente la mano invisibile che spinge, non a comprare Bitcoin, ma a studiarlo. Mi verrebbe da dire che non basta neanche studiare solo Bitcoin o il mondo crypto, perché questa è solo una delle tecnologie che sta arrivando con un tasso di crescita che storicamente è esponenziale.
Il tema di fondo è che definire il Metaverso e le sue applicazioni è il modo migliore per non vedere da che parte arriverà la prossima onda. Questo è infatti il momento in cui studiare, sperimentare e posizionarsi (Brand Awareness) con un approccio il più possibile “de-risking”, in attesa che la tecnologia e il mercato facciano il suo corso.
Se invece stiamo cercando un ritorno nel breve periodo probabilmente non stiamo innovando e investendo, ma speculando e questo è un altro discorso.
Questo, ripeto, è il momento di iniziare a studiare e a sperimentare a partire dalle piccole realtà, che sono molto più agili dei colossi burocratici e gerarchici. Come tutte le rivoluzioni, anche questa avverrà dal basso perché è l’unico lato incentivato e interessato a portarla avanti.